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con un’altra stretta, che significava anche: — « E ora fate pure, fate pure quel che vi piace! ».

— Silenzio! — intimò a questo punto il signor Anselmo.

E chi aveva fiatato? Chi? Il tavolino! Quattro colpi: — Bujo!

Giuro di non averli sentiti.

Se non che, appena spento il lanternino, avvenne tal cosa che scompigliò d’un tratto tutte le mie supposizioni. La signorina Caporale cacciò uno strillo acutissimo, che ci fece sobbalzar tutti quanti dalle seggiole.

— Luce! Luce!

Che era avvenuto?

Un pugno! La signorina Caporale aveva ricevuto un pugno su la bocca, formidabile: le sanguinavano le gengive.

Pepita e la signora Candida scattarono in piedi, spaventate. Anche Papiano s’alzò per riaccendere il lanternino. Subito Adriana ritrasse dalla mia mano la sua. Il Bernaldez teneva tra le dita un fiammifero e sorrideva, tra sorpreso e incredulo, mentre il signor Anselmo, costernatissimo, badava a ripetere:

— Un pugno! E come si spiega?

Me lo domandavo anch’io, turbato. Un pugno? Dunque quel cambiamento di posti non era concertato avanti tra i due. Un pugno? Dunque la signorina Caporale s’era ribellata a Papiano. E ora?

Ora, scostando la seggiola e premendosi un fazzoletto su la bocca, la Caporale protestava di non voler più saperne. E Pepita Pantogada strillava:

— Gracie, segnori! gracie! Acquì se dano cachetes!