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salutò: una sola, Mita Lumìa, le rivolse un lieve cenno del capo.

La vecchia portinaia aveva loro annunziato la venuta di Marta.

— Badate, ci vuol faccia tosta! — diceva una.

— Io, per me, non entro, — dichiarava un’altra.

E una terza:

— Che viene a far con noi?

— Oh bella, gli esami: potete impedirglielo? — rispondeva Mita Lumìa, urtata anche lei, ma non così accanita come le altre.

— Va bene; ma accanto a lei, — protestava una quarta, — non seggo, neanche se il direttore stesso viene ad impormelo!

E una quinta diceva a Mita Lumìa:

— Se non sappiamo neppure come dobbiamo chiamarla! Pentàgora? Ajala?

— Oh Dio! Chiamatela Marta, come la chiamavamo! — rispose la Lumìa infastidita.

Nello stesso tempo Marta, con amaro sorriso, diceva alla Sabetti:

— Chi sa che dicono di me....

— Lasciale cantare! — le rispose Eufemia.

Irruppero e attraversarono la sala quattro del crocchio, di corsa, senza volgere gli occhi al divano.

Marta, quantunque grata in fondo alla Sabetti della compagnia che le teneva, non poteva tut-