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80 parte prima

non ha perfidia; e compie le imprese più ardue a un sol cenno del suo padrone; è la forza ignara e subitanea del popolo acconciamente diretta da un sentimento che ne sviluppi le qualità oscure, l'onestà, la giustizia, l’indulgenza, la devozione, l’amorevolezza. Margutte invece è il popolo senza fede e senza sentimento, la canaglia abietta e impudente, motteggiatrice ed obbliqua, criminosa e spavalda». E il vero protagonista del poema è dunque Morgante, il buon popolo, che segue, ammirato, le strampalate avventure dei paladini di Francia e vi partecipa a suo modo. Il Pulci non ha voluto rappresentare altro, nella sua parodia.

Non posso indugiarmi a rilevare tutte le false conseguenze che il Momigliano trae dalla — secondo me — erronea convinzione che il riso del Morgante sia soggettivo. Egli è in buona compagnia: anche per il Rajna le novità del Morgante consistono «in certi episodî, dove l’Autore introduce curiosi personaggi di sua fattura e si scapriccia tanto colla fantasia quanto con la ragione; soprattutto poi nella dimostrazione del suo io e nell’atteggiamento che prende di fronte all’opera sua».1 Ora il vero suo «io» il Pulci, se dobbiamo stare all’indagine che ne fa lo stesso Momigliano — ripeto — non lo dimostra affatto nel Morgante. Se vi rappresenta la parte d’una maschera allegra! Per me è gravissimo torto attribuire direttamente al poeta ciò che va attribuito al sentimento, alla logica, alla psicologia, alla lingua buffona della plebe, nella parodia ch’egli ne fa.

Così ad esempio, il Momigliano a un certo punto osserva: «Non oserei però sostenere la perfetta innocenza del Pulci, quando Ulivieri mi vien fuori a spiegare il mistero della Trinità con quel certo esempio della can-


  1. Vedi Introduzione alle Fonti dell’Orl. Fur., seconda ed. pag. 20 (Firenze, Sansoni, 1900).