Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/112

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giallastra, di cui era tutto impiastricciato. Senza darsi alcun pensiero della sua nudità, ella si dimenava come frenetica, ansava, e pian piano, con voce affannosa, sempre con gli occhi fissi ne’ miei, domandava ogni tanto:

Bien comme ça? bien comme ça? —

Come se volesse saperlo da me; e gli occhi erano quelli d’una pazza. Certo, ne’ miei leggevano, oltre la maraviglia, uno sgomento prossimo a cangiarsi in terrore nell’attesa trepidante del grido del Bertini. Quando il grido uscì ed ella si ritorse contro il seno la punta de’ due pugnali e stramazzò a terra, io ebbi veramente per un attimo l’impressione che si fosse trafitta, e fui per accorrere anch’io, lasciando la manovella, allorchè Bertini su le furie incitò le comparse.

— A vojaltri, perdio! accorrete! fatemi la controparte!... Così... così... basta! —

Ero sfinito; la mano m’era diventata come di piombo, seguitando da sè, meccanicamente, a girar la manovella.

Ho visto Carlo Ferro accorrer fosco, pieno di collera e di tenerezza, con un lungo mantello violaceo, ajutar la donna a rialzarsi, avvolgerla in quel mantello e portarsela via, quasi di peso, nel camerino.

Ho guardato nella macchinetta e mi sono trovata in gola una curiosa voce sonnolenta per annunziare al Bertini:

— Ventidue metri. —