Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/120

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minciava ad avvertire, che la mia persona non era necessaria; ma che la mia presenza lì aveva la necessità d’una cosa, ch’ella ancora non comprendeva; e che stavo così muto per questo. Potevano parlare — sì, essi, tutt’e quattro — perchè erano persone, rappresentavano ciascuno una persona, la propria; io, no: ero una cosa: ecco, forse quella che mi stava su le ginocchia, avviluppata in una tela nera.

Eppure, avevo anch’io una bocca per parlare, occhi per guardare; e questi occhi, ecco, mi brillavano contemplandola; e certo entro di me sentivo...

Oh signorina Luisetta, se sapeste che gioja ritraeva dal proprio sentimento la persona — non necessaria come tale, ma come cosa — che vi stava davanti! Pensaste voi, che io — pur standovi così davanti come una cosa — potessi entro di me sentire? Forse sì. Ma che cosa sentissi, sotto la mia maschera d’impassibilità, non poteste certo immaginare.

Sentimenti non necessarii, signorina Luisetta! Voi non sapete che cosa siano e quali inebrianti gioje possano dare! Questa macchinetta qua, ecco: vi sembra che abbia necessità di sentire? Non può averne! Se potesse sentire, che sentimenti sarebbero? Non necessari, certo. Un lusso per lei. Cose inverosimili...

Ebbene, fra voi quattro, quest’oggi, io — due gambe, un busto e, sopra, una macchinetta — ho sentito inverosimilmente.

Voi, signorina Luisetta, eravate con tutte le cose che v’erano attorno, dentro il sentimento mio, il quale godeva della vostra ingenuità, del piacere