Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/263

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pezzi di questo film mostruoso, mi son veduto venire incontro Aldo Nuti per accompagnarsi insolitamente con me fino a casa. Ho notato subito che si studiava, o meglio, si sforzava di non dare a vedere che aveva qualche cosa da dirmi.

— Va a casa?

— Sì.

— Anch’io. —

A un certo punto mi domandò:

— È stato oggi alla Sala di prova?

— No. Ho lavorato giù, al Reparto. —

Silenzio per un tratto. Poi ha tentato con pena un sorriso, che voleva parere di compiacimento:

— Si sono provati i miei pezzi. Hanno fatto buona impressione a tutti. Non avrei immaginato che potessero riuscire così bene. Uno specialmente. Avrei voluto che lei lo vedesse.

— Quale?

— Quello che mi presenta solo, per un tratto, staccato dal quadro, ingrandito, con un dito così sulla bocca, in atto di pensare. Forse dura un po’ troppo... viene troppo avanti la figura... con quegli occhi... Si possono contare i peli delle ciglia. Non mi pareva l’ora che sparisse dallo schermo. —

Mi voltai a guardarlo; ma mi sfuggì subito in un’ovvia considerazione:

— Già! — disse. — È curioso l’effetto che ci fa la nostra immagine riprodotta fotograficamente, anche in un semplice ritratto, quando ci facciamo a guardarla la prima volta. Perchè?

— Forse, — gli risposi, — perchè ci sentiamo lì fissati in un momento, che già non è più in noi; che resterà, e che si farà man mano sempre più lontano.