Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/116

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sotto alla pacifica naturalezza delle relazioni quotidiane, di quelle che vi pajono le più consuete e normali, e sotto la quieta apparenza della così detta realtà delle cose? Lo scherzo, santo Dio, per cui pure v’accade d’arrabbiarvi ogni cinque minuti e di gridare all’amico che vi sta accanto:

— Ma scusa! ma come non vedi questo? sei cieco? —

E quello no, non lo vede, perchè vede un’altra cosa lui, quando voi credete che debba vedere la vostra, come pare a voi. La vede invece come pare a lui, e per lui dunque il cieco siete voi.

Questo scherzo, io dico; com’io già lo avevo penetrato.

Ora entravo io quello studio, carico di tutte le riflessioni e considerazioni covate così lungamente; e me le sentivo come friggere dentro, insieme, in gran subbuglio; e mi volevo intanto tenere così, in una lucida fissità, in una quasi immobile frigidezza, mentre figuratevi in quale risata fragorosa mi veniva di prorompere nel vedermelo davanti serio serio, poverino, quel signor notaro Stampa, senza il minimo sospetto ch’io potessi per me non essere quale mi vedeva lui, e sicurissimo d’esser lui per me quello stesso che ogni giorno nell’annodarsi la cravattina nera davanti allo specchio si vedeva, con tutte le sue cose attorno.

Capite adesso? Mi veniva d’ammiccare, d’ammiccare anche a lui, per significargli furbescamente “Bada sotto! Bada sotto!„. Mi veniva anche, Dio mio, di cacciar fuori all’improvviso la lingua, di smuovere il naso con una subitanea smusatina per alterargli a un tratto, così