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§ 2. Nel vuoto.
L’immobilità sospesa di tutti gli oggetti del salotto, in cui rientrai come attratto dal silenzio che vi si era fatto: quella poltrona dov’ella dianzi stava seduta; quel canapè dove dianzi stava affondato Quantorzo; quel tavolinetto di lacca chiara filettato d’oro e le altre seggiole e le tende, mi diedero una così orribile impressione di vuoto che mi voltai a guardare i servi, Diego e Nina, i quali mi avevano annunziato che la padrona era andata via col signor Quantorzo lasciando l’ordine che tutte le sue robe fossero raccolte, chiuse nei bauli e mandate a casa del padre; e ora stavano a mirarmi con lo sbalordimento nelle bocche aperte e negli occhi vani.
La loro vista m’irritò. Gridai:
— E sta bene, eseguite l’ordine. —
Un ordine da eseguire era già, in quel vuoto, qualche cosa almeno per gli altri. E anche per me, se mi levava dai piedi quei due per il momento.
Come fui solo, stranamente quasi ilare d’improvviso, pensai: “Sono libero! Se n’è andata via!„. Ma non mi pareva vero. Avevo l’impressione curiosissima che se ne fosse andata via per farmi la prova della