Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/81

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liti nel mezzo, era a tradimento, ora, una specie di ghigno muto e frigido, lì nascosto; a cui non avevo mai badato. E quella tenerezza per me, affiorando e brillando negli occhi da quel ghigno nascosto, m’appariva ora orribilmente maliziosa: tante cose mi svelava a un tratto che mi fendevano di brividi la schiena. Ed ecco, lo sguardo di quegli occhi vitrei mi teneva, mi teneva affascinato per impedirmi di pensare a queste cose, di cui pure era fatta la sua tenerezza per me, ma che pure erano orribili.

— Ma se tu eri e sei ancora uno sciocco... sì, un povero ingenuo sventato, che te ne vai appresso ai tuoi pensieri, senza mai fermarne uno per fermarti; e mai un proposito non ti sorge, che tu non ti ci metta a girare attorno, e tanto te lo guardi che infine ti ci addormenti, e il giorno appresso apri gli occhi, te lo vedi davanti e non sai più come ti sia potuto sorgere se jeri c’era quest’aria e questo sole; per forza, vedi, io ti dovevo voler bene così. Le mani? che mi guardi? ah, questi peli rossi qua, anche sul dorso delle dita? gli anelli... troppi? e questa grossa spilla alla cravatta, e anche la catena dell’orologio... Troppo oro? che mi guardi? —

Vedevo stranamente la mia angoscia distrarsi con sforzo da quegli occhi, da tutto quell’oro e affiggersi in certe venicciuole azzurrognole che gli trasparivano serpeggianti su su per la pallida fronte con pena, sul lucido cranio contornato dai capelli rossi, rossi come i miei — cioè, i miei come i suoi — e che miei dunque, se così chiaramente m’erano venuti da lui?