Pagina:Pisacane - Saggio sulla rivoluzione.djvu/81

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cittadino a tale ufficio, il vescovo. In tal guisa cominciò la teocrazia, la quale, crescendo il suo potere, si rinserrò in una casta e si attribuì que’ diritti che ad essi venivano dal popolo ed erano inerenti al popolo.

La lotta con l’aristocrazia non tardò a dichiararsi; quindi i guelfi ed i ghibellini. La spada vinse il prete fra moderni, ove il reggimento è nelle mani di uomini nè codardi, nè devoti; se non di diritto, di fatto il pergamo è soggetto a chi impera; i miracoli, le preghiere sono ai comandi del trono. Cerchiamo ora di scorgere quale sia l’avvenire a cui accenna la religione. Vedemmo come essa ha seguito i destini de’ popoli e sia conforme ai loro costumi.

In quella de’ selvaggi sta impresso il terrore di cui è figlia, e il loro ingentilirsi ne rammorbidisce gradatamente, i troppo duri contorni; la religione di una società fiorente è quale si conviene ad un popolo di eroi, ed è sempre in perfetto accordo con l’utile pubblico, come quella nata fra uomini dediti al bene ed alla grandezza della patria.

Nella decadenza delle società poi si riscontrano in essa le contraddizioni e la viltà d’un popolo degradato, e, cercando rapire l’uomo alle cure di un mondo in cui soffre con la promessa di un futuro ed immaginario godimento, deve sempre trovarsi in opposizione con l’utile pubblico.

Dunque, affinchè una nuova religione potesse sorgere, sarebbe indispensabile che un cataclisma confondesse la nostra mente, ne cancellasse ogni tradizione, e riproducesse in noi la meraviglia stessa, lo stesso terrore che i selvaggi sentirono al rombar del tuono. O pure è indispensabile che la corruzione e la miseria, comprimendo affatto l’elatere di nostra vita ci prostrino talmente che, disperando delle proprie forze, ci costringano ad invocare potenze imaginarie; non v’è che