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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI 33


tra i guai, ed io, grazie al cielo, non sono stala mai in que’ luoghi1.„

Tanto li canzuni quanto li ciuri sono affatto sciolti e indipendenti le une dagli altri, di modo che si possono cantare come vengono a mente, gli ultimi dopo de’ primi, e dopo gli ultimi e i primi quelli di mezzo, senza che nasca disordine d’idee, perchè ciascun canto sta da sè. Ciò era anche conosciuto dal Trucchi, il quale però non diceva cosa vera affermando, che i canti di gioia abbiano un metro diverso dagli altri: egli doveva dire piuttosto, che la cantilena è meno protratta.

Non è da credere che le serenate ed i notturni in fiori e canzoni si facciano sempre per amore; non di rado li fa il cruccio, e allora è terribile l’avvicendarsi continuo di tali canti, sì bene legati tra di loro da tessere la storia degli amori infortunati di chi canta. Ho sentito parlare di una fanciulla, morta di lento malore dopo uno di siffatti notturni di sdegno: e so di giovani cantatori uccisi a schioppettate dai parenti della povera ragazza durante o poco appresso il notturno.

Gomunissime se non tutte e sempre belle sono le Arii o Arietti, novantanove sopra cento delle quali parlano del tema obbligato, l’amore. Risultano di settenari od ottonari riuniti in lunghe o brevi strofe; parto d'ingegni mezzanamente istruiti o quasi di nessuna lettera2, che si cantano con accompagnatura di chitarra

  1. ’Nchiuituri, lupanare; guai o locu di guai, carcere.
  2. Ma alcune delle innumerevoli arie che si cantano giornalmente ri-