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Pagina:Pitrè - Canti popolari siciliani I, 1891.djvu/93

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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI 67


potenti, tanto più terribili, quanto più forte la natura di chi le ha sentite.


VI. Carceri, carcerati, mafia.


Pure v’ ha una poesia, la quale più forte, più elevata sgorga dal cuore di chi canta. Amore, fede, stoicismo, religione, pianto, riso, stringonsi in istrano connubio, e l’un l'altro si sostituiscono. Parlo de’ canti del condannato, tanto popolari in Sicilia, in Calabria, in Napoli, in Corsica, quanto scarsi in Toscana, Lombardia, Venezia e altrove. Quello è vero tipo di poesia, che fa impallidire i poeti da gabinetto e quanti stimano di poter salire soltanto per istudio e per arte le vette d’Elicona, le quali unicamente per genio è dato di guadagnare. In essi la piena degli affetti irrompe, e come lava del nostro vulcano, mi si perdoni la frase secentistica, si riversa impetuosa, e non si arresta, ma seppellisce e gorgoglia. L’elemento costitutivo di questo genere di canti è il sentimento della libertà perduta, e l’amore osteggiato e travagliato.

Un concetto triviale, un’idea la più comune, dalla bocca del detenuto, dall’atteggiamento ch’egli prende dietro le inferriate del carcere, acquista una forma, e questa un significato inesprimibile. Forse ad altri non recherà il magico effetto che a me reca un canto di simil genere: ma io confesso, che ogni qual volta mi accada di udirne qualcuno, io scatto come molla magnetica per una tal quale pietà o fremito che non so significare.