Pagina:Poe - Perdita di fiato, traduzione di A.C. Rossi, Bottega di Poesia, Milano, 1922.djvu/71

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remote regioni dell’Èrebo tutta la tribù dei Talbot. Era evidente che il mio ponderato amico, «il fanatico», aveva completamente dimenticato il suo appuntamento con me, l’aveva dimenticato al momento stesso in cui lo fissavamo. Non era mai stato osservatore scrupoloso della parola data. Non v’era rimedio; perciò, soffocando il mio sdegno come potevo, risalii cupamente lungo la strada, rivolgendo a ogni conoscente di sesso maschile in cui mi imbattevo delle futili domande riguardo a Madame Lalande.

Mi accorsi che tutti la conoscevano di fama: molti, di vista, ma, essendo nella città soltanto da qualche settimana, pochissimi potevano vantarsi di conoscerla di persona: ed anche questi, essendole ancora relativamente stranieri, non potevano, o non volevano, prendersi la libertà di condurmi da lei in visita per presentarmi formalmente. Mentre me ne stavo così, disperato, conversando con un trio di amici dell’oggetto che occupava tutto il mio cuore, avvenne che l’oggetto stesso ci passò accanto.

«Per la mia vita, eccola!» gridò uno.

«Che bellezza meravigliosa!» esclamò il seocndo.

«Un angelo sceso in terra!» fu il grido del terzo.