Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/184

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     Sicchè, quantunque appieno finto, e assente,
Di veder, di toccar quello, che muovi
Oggetto a pinger, a pensar lo teme,
     Come farai tu ciò, se pria nol provi
Tale in te stesso? più sentire altrui
Far non potrai, ch’in te non senti, e trovi.
     A questo fin dee giovar quindi a nui
Imaginazione, o Fantasia
Chiamar vogliamla, co’ soccorsi sui:
     Che se calda in te ferve, a qual si sia
S’adatta oggetto, e quel, che ’l Senso ad essa
Tramanda, bee, nè mai di traccia obblia.
     Per lei la forma nel cerebro impressa
Di fervidi color s’anima, ed orna,
E pronta n’esce, e vivamente espressa:
     Essa a quanto le manca in foggia adorna,
Supplisce, e veste di lucente ammanto
Ciò, che finge animosa, o all’esser torna.
     E quanto esiste in mare, o ’n terra, e quanto
Serrano i cieli, nell’immensa sfera
Del volo suo tutto ha di stringer vanto:
     E spesso ancor sovra Natura altera
5’erge sublime, e nuovi mondi, e nuove
Sol possibili forme al guardo schiera.
     Ma non sempre al bollor, che questa muove,
Appien fidar le temerarie vele,
Se vuoi biasmo evitar, però ti giove,