Pagina:Poemetti italiani, vol. III.djvu/6

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     Sovra’l più vago ed odorato mome,
Ch’abbiano i campi Eoi, stavasi Amore:
Quand’al buon Dio, che con la chiara fronte
Rende a tutte le cose il suo colore,
Disse, o tu, ch’ogni terra, ogni orizzonte
Empi, o sol, di sovrano almo splendore
Dimmi per cortesia, trovasti al mondo
Luogo più bel di questo, o più giocondo?

     È lucente e gentil, Febo rispose,
Questo ed assai leggiadro, ed assai bello.
Ma pur in altri meraviglie ascose
Veder potresti in questo clima e ’n quello:
E sappi pur ch’ove a Sebeto impose
Natura entrare in tempestoso avello,
Giace una dilettosa ampia campagna,
Ch’ei con la felice urna impingua e bagna,

     Questa non teme il variar de l’anno,
Nè del mio grave carro il foco interno:
Nè vienle, com’a l’altre oltraggio e danno
Da la superbia de l’orribil verno,
Qui smeraldi e zaffiri, e rubin’hanno
Vivo in su la verd’erba il pregio eterno,
Qui vaghi uccelli fan di notte e giorno
Gli arboscei dolce risonar d’intorno.