Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/100

Da Wikisource.

Come piuma di corvo erra sful nembo
La nerissima chioma: è ne’ suoi passi
Maestosa la doglia; ha sopra il ciglio
La lagrima d’amore, e ’l maschio petto
Palpita sopra il cor ch’entro gli scoppia.
Ritirati, o guerrier, cercami è vano,
No, più tua non sarò: da te lontana
Lassa! in terreno incognito m’aggiro
Solinga e mesta: ancor che a me stia presso
La schiatta degli eroi, pur ciò non basta
A calmar la mia doglia. Ah perchè mai,
Perchè furo nemici i nostri padri,
Tontormo, amor delle donzelle e pena?
     Ossian si scosse a queste note: oh, dissi,
Voce gentil, perchè sei mesta? ah tempra,
Tempra il tuo lutto: di Tremmor la stirpe
Non è fosca nell’alma, in terra ignota
Non andrai fola e sconsolata errando,
Oinamora vezzosa. In questo petto
Suona una voce ad altri orecchi ignota:
Ella comanda a questo cor d’aprirsi
Dei sventurati alle querele, al pianto;
Or va dolce cantrice, alle tue stanze
Ricovra, e ti conforta: il tuo Tontormo
Non sia, s’Ossian può nulla, amato invano.
     Sorto il mattino, io dalle sue ritorte
Disciolgo il Re, per man prendo la bella