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Dopo il corso de’ lustri;
E star virtude in dolce gaudio accolta
In mirarsi per me famosa, e colta.
     In tal guisa mi vede
Il vulgo rio, cui mia possanza è ascosa,
E ben sovente vaneggiar mi crede;
Ma nulla io bado a lui, come a vil cosa;
Di più starmi quaggiù mi reco a vile,
E al buon Perseo simile
Vo per l’aere, d’onor fervido, e grave.
Termine angusto alla gran mente altera
Parmi la mole dell’impero umano.
Degno spazio non ave
Il vasto interminabil oceano.
Onde sormonto la più bassa sfera,
Ove non giunge sera;
E della Luna nell’argenteo giro
Starsi di mille Orlandi il senno io miro.
     Ma forza è, che i gran voli
Stenda più alto su le vie del sole,
Seco trascorro luminoso i Poli,
Ed in vedermi su per l’alta mole
Or nell’occaso, ora nel cerchio Eoo
Turbansi Eto, e Piroo.
S’affrontan spesso i miei destrier con loro,
E vinti in fuga per lo ciel li volgo.
Questi indi accolgo al freno, e meno i giorni