Pagina:Poemi conviviali (1905).djvu/26

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6 solon

20nè, già vecchio, i bei cani nè cavalli
di solid’unghia, nè l’amore, o savio.
Te la coppa ora giova: ora tu lodi
più vecchio il vino e più novello il canto.
24E novelle al Pireo, con la bonaccia
prima e co’ primi stormi, due canzoni
oltremarine giunsero. Le reca
una donna d’Eresso — Apri: rispose;
28alla rondine, o Phoco, apri la porta —
Erano le Anthesterïe: s’apriva
il fumeo doglio e si saggiava il vino.


     Entrò, col lume della primavera
32e con l’alito salso dell’Egeo,
la cantatrice. Ella sapea due canti:
l’uno, d’amore, l’altro era di morte.
Entrò pensosa; e Phoco le porgeva
36uno sgabello d’auree borchie ornato
ed una coppa. Ella sedè, reggendo
la risonante pèctide; ne strinse
tacita intorno ai còllabi le corde;
40tentò le corde fremebonde, e disse:


Splende al plenilunïo l’orto; il melo
trema appena d’un tremolio d’argento...
Nei lontani monti color di cielo
                    44sibila il vento.


Mugghia il vento, strepita tra le forre,
su le quercie gettasi... Il mio non sembra
che un tremore, ma è l’amore, e corre,
                    48spossa le membra!