Pianser le Muse il lor perduto amante,
E pianser d’Elicona al pianto loro
60Le conscie rupi, e le vocali piante;
E colle Grazie uniti in flebil coro
I candidi costumi, e le più rare
63Virtù dier segno di crudel martoro.
Ma più la Patria sua dagli occhi amare
Versò fonti di doglia, e al Ciel rivolta
66Chiamò fiero il destin, le stelle avare;
Poi colla chioma rabbuffata e sciolta
Il funesto baciò gelido sasso,
69Ove la cara salma era sepolta.
Nè più sapendo quinci trarre il passo,
D’Andromaca simìl, gran lai s’udìo
72Mandar dal petto addolorato e lasso.
E che valmi, gridava, o Figlio mio,
Se pur vive il tuo nome in bronzi, o scolti
75Marmi, contro cui frema il tardo obblìo?
Che mi giovano i lauri intorno avvolti
A quest’urna feral, se il Ciel prescrive
78Ch’io non ti vegga più, nè più ti ascolti?