Pagina:Poesie di Giovanni Berchet.djvu/22

Da Wikisource.

— 22 —

vogliono essi; godono d’una libertà tanto indomabile, che nè da’ critici, nè dai principi, che come i critici mettono naso per tutto, ella è da poter raccorciare di un atomo; sono più liberi perfino del pensiero propriamente detto, poichè non solamente a quando a quando, ma sempre, se non m’inganno, camminano indipendenti da atto della volontà nostra. Or bene, codesti ch’io v’ho descritti, sono cinque di tali privilegiati fortunatissimi che si ridono d’ogni tirannia. E questo basti a chiudervi la bocca, come il papa a’ cardinali talvolta. Vorrei vederlo l’uomo che avesse l’arroganza di dire all’uomo: «Hai avuto torto di sognar così!» Per la qual cosa, o signori, a voi non rimangono di questo povero componimento che le verseggiatura, lo stile, la lingua, i punti e le virgole su cui esercitare il vostro ministero. Il campo è tuttavia assai vasto, per chi voglia menare a tondo lo staffile; e ch’esso non cadrà sempre immeritato, quasi quasi ve n’assicurerei io medesimo, se nel catalogo delle umane stravaganze anche questa fosse registrata ch’io mi brigassi di parlare sul serio con voi. Signori, ho detto.»

Ma ai lettori ne’ quali il buon gusto va del pari con la buona fede, a quelli da cui un cenno di simpatia è tutto ch’io ambisca, e a voi, carissimi, a cui principalmente sono dedicati questi versi, quale parola posso io dire che valga a stenuarne i difetti?

Ho veduto dei padri confessare talvolta che non erano belli i loro figliuoli; ho veduto quel misto di titubanza, di vergogna, di conoscenza, di rincrescimento, di rassegnazione, onde sul volto loro pigliava colore l’ingenuità della confessione. Ebbene, quella tinta non l’ho veduta mai distendersi sul volto di veruno autore che condiscendesse a dichiararsi mal soddisfatto del proprio libro. È d’uopo quindi presumere che nella paternità letteraria v’abbia una tendenza più ciecamente amoro-