Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico I.djvu/30

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Dal suo abisso l’eterno perduto
     Leva il capo, e con perfido ghigno
     Grida: — Vieni, o tu forte caduto!
     36A me vieni, io de’ forti son re!
          E il fellon nega un Dio salvatore;
     Ma il mortale a quell’empio risponde:
     — Sento ignota virtù nel dolore,
     40Ciò mi svela che il Provvido v’è!

Sì, v’è Dio, l’adorabile, il forte!
     Fatto l’uom a sua immagine avea:
     Ei dell’uom meritevol di morte
     44Fessi immagine, e a sè il rïunì.
          Oh magnanimo, a tanta bassezza
     Sceso sei per restarne vicino!
     Più non nuoce, no, morte, se spezza
     48L’incantesmo che a te ne rapì.

Oh mio Dio! più di morte, crudele
     È il dolor che dividemi il core,
     Ma il dolor convertì l’infedele,
     52Anco i giusti migliora il dolor.
          Vero è il fatto, innegabil, tremendo:
     Non v’è in terra virtù senza pianto.
     Ecco il seno: ah! ch’io t’ami piangendo!
     56Ecco il lacera, il lacera ancor!