Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/243

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A tue brame si schiude; io di tua gioia
Sento il reflesso, e quella gioia è Dio!
     420Un servo entrava: — Damigella, o carco
D’inaudite peccata, o fuor di senno
È lo stranier. Che far dobbiam? D’Iddio
Parla tra sè com’uom cui prema occulto
Di vendette terribili spavento,
425E di qui vuol fuggir.
                                           — Tosto bardata
Per lui sia mia cavalla.
                                                 Il servo parte
Maravigliato, ed obbedisce. Intanto
Antico armadio la fanciulla schiude,
Ed indi tratto un de’ paterni manti,
430Al leve suo tesor poscia s’affretta
D’auree monete, e in una borsa il pone.
     Così ver l’agitato ospite mosse,
E que’ doni offerendogli — D’Aroldo
Questa, gli disse, è la vendetta, o sire.
     435Fremea la generosa in lui mirando
L’uccisor di Ioffrido e il formidato
Di Saluzzo oppressor, ma pïamente
Frenò il ribrezzo, e dal balcon la corte
Del castello accennando, a lui soggiunse:
     440— Ecco a’ tuoi cenni un corridor: se lena