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i - giornata villereccia 201


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Giacque lunga stagion ésca abborrita
sol tra’ villaggi inonorata e vile;
e, dalle mense nobili sbandita,
cibo fu sol di rozza gente umile;
ma poi nelle cittá, meglio condita,
ammessa fu tra ’l popolo civile,
e giunse alfin le delicate brame
a stuzzicar di cavalieri e dame.
21
Giunse il gran piatto adunque, e fece in fretta
aprir la bocca ed inarcar le ciglia;
né solo giunse giá, che seco eletta
venne d’augei moltiplice famiglia,
altri selvaggi ed altri da civetta,
ma buoni e cucinati a maraviglia:
chi gli assaggiò vi dica il lor sapore;
tocca il fumo a’ poeti e il solo odore.
22
Trenta vi sono, uccise in colli aprichi,
lòdole cérche dai palati ingordi;
dieci beccacce e ottanta beccafichi,
da far gli orbi veder, udire i sordi:
di que’ che piacquer anche ai padri antichi,
quarantacinque sono i grassi tordi;
poi messo ad arte sta diritto e solo
in cima al piatto un piccolo usignuolo.
23
Fu tua preda il meschino, e tuo fu il dardo,
amabil Tirsi, che di vita il tolse;
che mentre l’infelice al voi fu tardo,
piombo scagliato di tua mano il colse.
Cadde dall’alto sanguinoso, e il guardo
a te nel suo morir misero volse;
ma, veggendo la man che gli die’ morte,
parve men tristo di sua dura sorte.