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del come saran sepolti, e abbandonano i loro morti sui prati e sotto il cielo... I Cristiani invece sono quasi più solleciti della tomba che della casa. Che anzi, come se i vivi volessero fare guerra anche coi morti, estraggono i cadaveri dai sepolcri che quelli si son fatti fare spesso ancora da vivi, e li occupano a forza! Si direbbe che per i Cristiani non c’è pace nè riposo, nè da vivi, nè da morti!

Car. — Ciò mi dimostra sempre più che, nè per i Cristiani nè per gli altri, non c’è cosa che l’uomo possa dir sua a lungo. Eh! temo che abbian proprio ragione quelli che invidiano i morti!


Scena VII.


Caronte, poi Diogene, poi Crate.


Car. — Ahimè, ahimè! vedo là molta gente che m’aspetta presso il porto: dovrò andare a compiere il mio ufficio, mentre voi continuerete a discorrere... Peccato! potessi assistere ancora ai vostri colloqui! Ma, prima di tutto, il dovere...

— «Buon giorno, Diogene? Come te la passi?

Diog. — Da eroe, anzi più che da eroe. Perchè gli eroi divoravano carne di bove quasi cruda o male arrostita sopra uno spiedo improvvisato; io invece mangio pesce, e crudo per di più! Anzi, a forza di mangiar pesce, lo sono diventato anch’io per metà; sicchè, avendo disimparato come si passeggia fra gli uomini, ora nuoto solamente.

Car. — E allora accompagnami nuotando fino al porto: discorreremo un poco.