Pagina:Prose e poesie (Carrer) III.djvu/339

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riosa assimilazione diventano linfa, sangue o altra parte dell’animale. E, a quella guisa medesima che alcuni stomachi infermi nou possono usare di alcuni cibi, in quanto che non hanno la forza necessaria a far loro subire il debito cangiamento, alcuni infermi intelletti è necessario che si astengano dal porsi con troppo studio a tale o tal altro modello, atteso il pericolo di rimanerne per modo improntati, da perdere af fatto la propria individualità. Prendeudo in tal guisa il timore, di cui a principio ho parlato, come un provvido e tacito ammaestramento della natura (che non manca di suggerirne a quando a quando quali cose ne convenga di fare, quali lasciare da parte) ho creduto di trovare indizii di un’indole poco disposta all’originalità in quel guardarsi dall’esaminare le opere altrui, che pur si vorrebbe che servisse a indicare una disposizione del tutto opposta. E, continuando nello stesso discorso, sia pittore o poeta, o altri che sia, non contemplano tutti la universa natura che li circonda, e di là non attingono materia alle loro ingegnose imitazioni? E perchè non potranno fare il somigliante coll’opere nelle quali la natura è imitata? Si dirà forse che in questo caso ricevono la materia dei loro studii, come a dire, di seconda mano, ciò ch’è vero per una parte; ma, per altra parte, non c’entra nelle imitazioni stesse una, quasi diremo, seconda natura intellettuale, che opera efficacemente sulla