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canto decimo. 215

e penetrante. Il falcone è anch’esso un antico istrumento da guerra atto a batter le mura, simile al montone, ma più leggiero e manesco. È forse l’aries dei Latini.

29. bench’io te lo ’nforso. Inforsare vale mettere in dubbio, in forse.

35. busa. Bucata.

36. E farotti assaggiar d’un altro agrume. Detto metaforicamente. Agrume è nome generico di quelle specie d’ortaggi che hanno sapore forte e acuto, come di cipolle, agli, porri, e simili, i quali diconsi anche fortumi, in latino olera acria.

37. guadagnava niente. Il Monosini, e innanzi di lui il Perionio, fanno derivare questo verbo da quello greco κερδαίνειν, questa forma: Κερδαίνειν, Kerdanare, guerdanare, guardanare, guadagnare. — e dette al suo corrente. Corrente è qui in significato di cavallo corridore, che dicesi anche corsiero.

39. riprezzo. Per ribrezzo; e l’usò anche Dante:

Qual è colui c’ha sì presso il riprezzo
Della quartana ec.

Significa propriamente quel freddo che suol precedere la febbre; ma figuratamente si adopero eziandio in significato di raccapriccio, o simili. L’Ariosto l’usò pure in senso di freddo, prendendo forse l’effetto per la causa; perciocchè il freddo produce brividi e tremito, come a chi entra la febbre.

Il merigge facea grato l’orezzo
Al duro armento ed al pastore ignudo;
Sì che nè Orlando sentia alcun ribrezzo,
Chè la corazza avea, l’elmo, e lo scudo.
               Furioso, Canto XXIII, St. 101.

Da ciò fu tratto taluno a credere che ribrezzo potesse essere stato detto così da rinnuovare il brezzo, cioè il freddo. Ma, come nota il Menagio, brezzo non vuol dir freddo, ma vento freddo, e viene da rezzo. Onde è più verisimile che ribrezzo sia derivato dal verbo latino reprimere, in questa forma: reprimo, repressi, repressum, reprezzo, riprezzo, ribrezzo; e potrebbe essere stata adoprata tal voce a significare quel freddo che si ha sul rimettere della febbre, perchè in quel tempo il polso si fa più depresso, come notò il Goreo nelle sue definizioni, cavandolo dal primo delle Differenze delle febbri di Galeno: «Compressio pulsus, cum incipiente paroxysmo, pulsus admodum parvus, et inæqualis est, proprium est putridæ febris.» — maglia. Piccolissimo cerchietto di ferro o d’altro metallo, de’ quali cerchietti concatenati si formano l’armadure. — or non istiam più al rezzo. Non istiamo più oziosi.

42. in poca dotta. Credo debba in cambio scriversi in poco d’otta; cioè in poco d’ora, in poco tempo. — frotta. Quantità di gente insieme. Forse da fultus, dice il Menagio, in questa forma: fultus, fulta, fluta, fruta, frota, frotta.

43. facea l’agnusdei. Il Vocabolario non reca questo modo. Credo che il Poeta abbia voluto scherzare, recandolo in contrario senso, su ciò che fanno i sacerdoti, i quali nella messa, mentre cantano l’Agnus Dei, si danno scambievolmente l’amplesso di pace; onde, far l’agnusdei, varrebbe quanto fare o recar guerra e sterminio. Si chiama Agnusdei quella cera consacrata, nella quale è impressa l’immagine dell’Agnello di Dio; e talora intendesi anche la figura di esso Agnello, benchè non impressa in cera. Prendesi eziandio per l’Ostia consacrata, come fece l’Ariosto quando disse:

Il Re fece giurar sull’Agnusdei.
          Furioso, Canto XXVIII, St. 40.

dama. Nulla si è finora detto intorno a questa voce, benchè ci siamo in essa assai sovente abbattuti; spacciamocene dunque adesso. Viene dama, come afferma il Monosini e la Crusca dopo di lui, dal greco δάμαρ, che così in quella lingua si chiamò la moglie, dal verbo δάμαω (domare), perchè è essa soggetta, e per così dire, domata dal giogo del marito; ovvero da δαμᾷ, terza persona del presente dell’indicativo del verbo medesimo, perchè essa presiede e comanda alla famiglia. S’inganna dunque il