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canto terzo. 57

scorgere. Il Vocabolario non dà che questo esempio.

17. di quella ch’è fatta un alloro. Dafne, figliuola di Peneo fiume di Tessaglia e della Terra, la quale fu convertita dal padre in alloro, mentre ella voleva fuggire Apollo, che la inseguiva. Vedi Ovidio, Metamorfosi, lib. I. Di altre due Dafne ci parla la favola; l’una Oreade, o ninfa de’ monti, sacerdotessa della Dea Tellure, di cui pronunziava gli oracoli in Delfo; l’altra figliuola di Tiresia, e profetessa essa pure; anzi considerata da alcuni come una Sibilla.

22. scorto. In forza d’avverbio, e vale chiaramente.

31. getti l’arte. Gettar l’arte vale fare incantesimi.

35. a stracca. Di forza tanto da straccarsi. Diciamo però anche comunemente pigliare una cosa alla stracca, e vale prenderla a suo bell’agio.

36. scorreggiate. Colpi di correggia; e viene dal lat. corrigia, che era una specie di staffile, o funicella di cuoio, colla quale percuotevansi i servi colpevoli; onde da corrigere, fu detta corrigia.

38. combattiano. Combattiamo. Tal cangiamento in n della m, nelle prime persone plurali del presente dell’indicativo, fu molto in uso presso gli antichi fiorentini. Ne abbiamo un chiaro esempio nell’Ajone del Buonarroti, dove tal cambiamento non è fatto, come in questo luogo, per servigio della rima:

Senza consiglio tutti stiàn sossopra.
Canto III, v. 10.

com’Ercol. Varii sono stati gli Ercoli finti dall’antichità come uccisori di mostri, e d’uomini feroci e tirannici. Ma togliendo il velo della favola, non altro si scorge essersi voluto adombrare sotto la figura di questi eroi, cui attribuironsi forme gigantesche e forza meravigliosa, che i primi civilizzatori delle nazioni. Ma di ciò più distesamente si parla nella Prefazione, dove può vedersi eziandio la somiglianza fra questi Ercoli antichi e i Giganti e gli Eroi dei Poemi romanzeschi, fra i quali primeggia Orlando, che può risguardarsi come l’Ercole degli Italiani. In questo luogo il Poeta parla dell’Ercole greco Ηράκλιος, il più celebre, e il più conosciuto di tutti, e col quale vengono anzi confusi sovente gli altri. Sono note le sue dodici fatiche tollerate per comandamento di Euristeo, e le altre sue gesta. Fu dopo morte riguardato come un Semideo, e fu ad esso consacrato il pioppo bianco, perchè dicevano essersi delle foglie di quello incoronato, quando discese all’Inferno per trarne il Cerbero. Piacemi qui notare una cosa, che vale a dar maggior risalto alla dignità di quest’Eroe, ed è questa; che egli avesse per culla lo scudo paterno, e da quello pugnasse coi due serpenti. Tale idea è del Chiabrera, e se ne valse in una delle sue Canzoni:

Era tolto di fasce Ercole appena,
     Che pargoletto, ignudo
     Entro il paterno scudo
     Il riponea la genitrice Alcmena;
     E nella culla dura
     Traea la notte oscura.
Quand’ecco serpi a funestargli il seno
     Insidïose e rie;
     Cura mortal non spie
     Se pur sorgeva il gemino veneno;
     Chè ben si crede allora
     Ch’alto valor s’onora.
Or non sì tosto i mostri ebbe davante,
     Che colla man di latte
     Erto sui piè combatte,
     Già fatto atleta il celebrato infante;
     Stretto per strani modi
     Entro i viperei nodi.
Alfin le belve sibilanti e crude
     Disanimate stende;
     E così vien che splende
     Anco ne’ primi tempi alma virtude;
     E da lunge promette
     Le glorie sua perfette.
                         Canzone XV.

avano. Avevamo.

42. reliquia. Quel che comunemente chiamiamo gli avanzi. — arcame. Ossame, lo stesso che carcame. Forse da Arca; che così chiamavano i depositi delle chiese, ove ponevansi i morti. — catriosso. Ossatura del cassero degli uccelli. — macco. Specie di minestra, detta anche faverella, fatta di fave sgusciate, cotte, e ridotte in pasta. Chiamasi macco anche la polenda, che comunemente ora si fa di farina di castagne, o di granturco. Il Biscioni, nelle note al Mal-