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canto ventesimoquarto. 239

149 E rimandò di nuovo imbasciadore
     In Francia a Carlo a ritentar la pace,
     E dir che Bianciardin non fece errore
     Del suo partir, ma la cagion si tace:
     E mandò Falseron uom di gran core,
     Prudente, e molto nel parlare audace;
     Giunse a Parigi, e fu dinanzi a Carlo,
     E cominciò in tal modo a salutarlo.

150 Quello Dio grande che ciascuno adora,
     Il qual fe’ le sustanzie separate
     Che volgon sopra noi questi segni ora,
     Salvi e mantenga l’alta maestate
     Di Carlo Magno, e chi suo scettro onora,
     Orlando e gli altri, in gran felicitate:
     Marsilione il mio signor, ti manda
     Salute, e molto ti si raccomanda.

151 La cagion perchè a te m’ha qui mandato,
     Serenissimo erede di Pipino,
     Dal qual tu non se’ già degenerato;
     È perch’e’ crede che il re Bianciardino
     Nel suo partir ti lasciassi ammirato,
     Che così presto si misse a cammino,
     E non ti fece la ragion capace,
     Mentre ch’egli era in sul bel della pace.

152 Or nota, imperator, come discreto:
     Bianciardin si partì per buon rispetto;
     Ma non importa or dir questo segreto,
     Che parrebbe disforme al nostro effetto;
     Basta che ancor tu ne sarai ben lieto,
     E tutto a luogo e tempo ti fia detto:
     Sai ch’ogni cosa vuol principio e norma,
     €Accordar la materia con la forma.

153 Ma questo un’altra volta, com’io dissi,
     Sarà con altra tuba manifesto;
     Però non pensar più perchè e’ partissi,
     Ch’un dì ti sarà poi chiosato il testo.
     Tant’è, ch’io vengo a dir quod scripsi scripsi,
     Però che ’l mio signor m’impose questo,
     Per confirmar con la tua Maestate
     Pace, che sia di buona voluntate.