274 Or gusta qui, lettor, ben quel ch’io dico,
Che sempre in ogni parte si vorrebbe
Aver, giusta sua possa, ognuno amico,
Chè nessun sa dove capitar debbe:
Parea questo eremito un uomo antico,
Tal che Rinaldo creduto gli arebbe,
E più ch’io credo Rinaldo credessi
Che sol per santità colui il vedessi.
275 Perch’egli era invisibil, come è detto:
Pertanto, uditor mio, ti dico, nota,
Che Astarotte non era costretto
Di scoprire a Rinaldo questa nota;
E non sia ignun che si fidi in effetto,
Quando egli è bene in colmo della ruota,
Di non condursi a ogni cosa estrema,
Ed ognun prezzi e d’ogni cosa tema.
276 Ognun sa quasi sempre dove e’ nasce,
Ma nessun sa dove e’ debbe morire;
Quanti son già felici morti in fasce,
Pe’ casi avversi che posson venire?
Quanti n’uccide la speranza e pasce,
Quanti gran legni si vede perire,
Disse il Poeta, all’entrar della foce!
Benchè foco nè ferro a virtù nuoce.
277 Talvolta a discrezion d’un zolfanello
Si ritruova in un bosco, e di poca esca,
E spesso un uom mendico e poverello
Ti può salvar, pur che di te gl’incresca:
Potea dunque Astarotte, come fèllo,
Lasciar Baiardo andar per l’acqua fresca,
Ma perchè gli era Rinaldo piaciuto,
L’ammaestrò che non abbi beuto.
278 E disse: Posa, posa, Squarciaferro;
Non ti bisogna l’acque diguazzalle,
Chè le tue maliziette, sai, non erro;
E Malagigi, perchè tutte salle,
Ti metterà la coda in qualche cerro;
Ma se tu vuoi venire in Roncisvalle,
Vienne con meco, e vedremo un bel fiocco,
O tu ritorna al tuo maestro sciocco.