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324 il morgante maggiore.

49 Quivi già i campi l’uno all’altro accosto,
     Da ogni parte si gridava forte:
     Chi vuol lesso Macon, chi l’altro arrosto;
     Ognun volea del nimico far torte:
     Dunque vegnamo alla battaglia tosto,
     Sì ch’io non tenga in disagio la morte,
     Che con la falce minaccia ed accenna
     Ch’io muova presto le lance e la penna.

50 Orlando aveva alla sua gente detto:
     Della battaglia ognun libero sia:
     Qui non è cavalier se non perfetto;
     E Micael vi farà compagnia.
     Astolfo il primo si mosse in effetto,
     Vennegli incontra Arlotto di Soria;
     E l’uno e l’altro abbassò la sua lancia,
     E Siragozza si sentiva e Francia.

51 Or non ci far questa volta vergogna:
     Pòrtati, Astolfo, come paladino;
     Attienti al legno forte, e, se bisogna,
     Abbraccia quel come un tuo nipotino,
     Però che Arlotto sorian non sogna,
     Che vien di verso il campo saracino:
     E con sopportazion tutto sia detto,
     Che invero Astolfo n’aveva difetto.

52 Tanto che, come la lancia ebbe in resta,
     Ed Ulivieri a Orlando dicea:
     Che sì che Astolfo farà bella festa!
     In questo tempo allo scudo giugnea
     Il Saracin con sì fatta tempesta,
     Che mancò poco che non s’apponea
     A questa volta d’Astolfo il marchese;
     Se non che a schembo la lancia lo prese.

53 Astolfo ferì lui discretamente,
     Perchè la lancia alla vista gli appicca;
     E fu quel colpo per modo possente
     Ch’un palmo e mezzo di ferro gli ficca;
     E mandò presto fra la morta gente
     L’anima, e ’l corpo di sella gli spicca:
     Adunque Astolfo ha fatto il suo dovuto,
     Poi che il Pagano e non lui è caduto.