Pagina:Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu/279

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238 pultava.

dei due eserciti. Egli non monterà più a cavallo, e al suo richiamo non accorreranno più i Cosacchi da ogni parte. Il vecchio Palei imbiancò nell’esilio, e già sta vicino alla fossa. Ma perchè lampeggiano i suoi occhi? Perchè la sua fronte scabra si copre d’un’ombra di furore più nera della notte? Che sentimento lo fa rabbrividire? Forse egli ha scorto tra il fumo del campo il suo nemico Mazeppa, e a quella vista orrenda maledice la sua vecchiezza imbelle.... Sì. Mazeppa tutto pensieroso considerava la battaglia, attorniato d’una turba di Cosacchi ribelli, di parenti, di anziani, e di guardie.

Si spara uno schioppo in vicinanza. Mazeppa rivolge la testa. Il fucile tuttora fuma fralle mani di Voinarovschi. Un giovine Cosacco, colpito a morte, stramazza a pochi passi di distanza; il suo corsiero cosperso di polvere e di spuma, sentendosi libero, fugge di carriera, e si perde nella rosseggiante campagna. Il Cosacco si slanciava contro l’etmanno, colla spada in mano, colla disperazione in volto. Mazeppa s’accosta al moribondo per interrogarlo, ma già ha spirato l’anima. Le sue pupille spente tuttora insultano l’assassino di Cocciu-bei, il nemico della Russia; e la sua lingua paralizzata articola ancora le sillabe adorate del nome di Maria.

L’ora della vittoria è giunta. I Russi incalzano; li Svedesi cedono. O glorioso istante! o glorioso miracolo! Facciamo un ultimo sforzo, e li Svedesi si danno alla fuga. La nostra cavalleria li insegue; le spade si spuntano e si spezzano a trucidarli; i morti coprono il piano in mucchi così spessi, come li sciami delle locuste nere.