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della campagna; e nell’animo il desiderio impaziente mi rimase di rivederle e di dipingerle.

Arrivato a Genova, senza indugiarmivi proseguii per Torino. Ma il mio arruolamento non fu già la cosa semplice e spedita che io credeva. Sia perchè io avea oltrepassata l’età stabilita per l’arruolamento volontario nell’Esercito, sia per altré ragioni, palesi od occulte, non mi si voleva ammettere in alcun reggimento. Mi sorprendeva, assieme, e mi stizziva che non si facesse alcun conto del mio passato di combattente e che punto si apprezzassero le alte ragioni che avean condotto me, romano, a combattere nelle schiere dell’Esercito di Vittorio Emanuele. Avrò sbagliato, ma allora ebbi l’impressione che questi, che io riteneva esser titoli favorevoli al mio arruolamento, fossero invece da quegli ufficiali tenuti per titoli contrari... E ciò, davvero, non accresceva il mio entusiasmo; ma non smontava la mia volontà di effettuare quanto io avea deciso: di combattere contro l’Austria sotto la bandiera di Vittorio Emanuele.

Finalmente, comprando col mio danaro un cavallo da un ufficiale, dopo tante pratiche vane, io riuscii ad essere arruolato nel reggimento Cavalleggeri di Aosta, che era uno dei più distinti e reputati della Cavalleria Piemontese.

Il cavallo comprato fu per me un assai fortunato acquisto. Era un vecchio cavallo militare che chiamavano «il Nonno», il quale conosceva a perfezione ogni movimento ed ogni manovra ed i relativi comandi e segnali di tromba. Per modo che, senza ch’io avessi a menomamente preoccuparmene, l’eccellente animale eseguiva da sè tutto quanto veniva comandato; facendomi fare, così, un’ottima figura di espertissimo cavalleggere. Ciò che, fortunatamente, di assai mi accorciò il periodo di istruzione.


Ciò non pertanto la vita che mi toccò di condurre fu assai diversa da quella che m’ero attesa e che avevo tanto desiderato. Io era andato per combattere ed invece mi trovai, più o meno, a far la vita di guarnigione da me grandemente dete-