Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/132

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vita; ond’è che quando si fu rimesso in salute, fece egli ritorno a Modena, dove ebbe officio dal duca di gentiluomo della sua camera . Se però un tanto infortunio commosse l’animo affettuoso di Raimondo, non gli tolse vigore per compiere un grave incarico che gli fu allora affidato. E fu quello di proteggere con quattro reggimenti di cavalleria, partendo due ore dopo gli altri, la ritirata dell’esercito, resa difficile dagli svedesi insecutori, e dai villici stessi di que’ luoghi, che tenendogli dietro, quanti soldati venivano lor alle mani uccidevano senza pietà, finché non poterono gl’imperiali riparare nella Vestfalia. E che maggiori guai non accadessero venne per comune consenso attribuito al vigore con che i cavalli di Raimondo attutirono gli assalti de’ persecutori più volte ricacciandoli indietro . Una tanta rovina venuta sull’esercito imperiale rese necessario il richiamo delle truppe che invaso avevano, come dicevamo, la Francia, allora appunto che buona impresa aveva fatto Galasso coll’impodestarsi del castello di Mirabeau in Borgogna.

Era a que’ tempi anche l’Italia per cagione del partito preso dalla Francia contro l’impero e la Spagna, tenuta in angustia, perché il Richelieu a divertir le forze loro fece invadere il milanese. Grave pericolo sovrastava pertanto al duca di Modena, che invitato a seguitare l’esempio del duca di Savoia accedendo alla lega austro-ispana, aveva preferito di rimaner neutrale tra i contendenti, condizione pericolosa spesso per chi non può con eserciti numerosi tutelare la propria indipendenza. Prospera nondimeno anzichenò ebbe egli la fortuna; imperocché respinse da prima con tremila de’ suoi soldati, ai quali tremila ottocento spagnoli si congiunsero, i piemontesi che penetrar volevano ne’ suoi stati; e quando questi alla lor volta, ricondotti dal general Villa, rimasero vincitori, l’inva-