Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/160

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in favore del duca di Parma, ebbe poi, siccome diremo, ulteriori accrescimenti nel successivo anno. E con patto speciale venne il duca di Modena autorizzato a fare esaminare le ragioni sue sopra Ferrara, da sottomettersi poscia ad un arbitro. I quali diversi trattati veder si ponno nell’archivio già degli Estensi, e con essi quello altresì che innanzi alla conclusione della lega fu da Lodovico Scapinelli a nome del duca Francesco firmato in Bologna, col quale obbligavasi l’estense a concedere il passo alle truppe papali per gli stati suoi; trattato però che il duca non aveva in animo di eseguire, avendogli mandato i veneti a questo effetto, anche prima che fosse la lega sottoscritta, un sussidio di 3000 fanti e 320 cavalli guidati dal commissario Contarini (Antonini, disse l’Avogadro). Onde il generale de’ pontificii, il Mattei, che vedemmo già militare in Germania perdendovi un occhio, il quale sapeva grossi i veneti nel Polesine, e vedeva disertare a compagnie intere i suoi soldati, e temeva de’ toscani postisi a campo sui confini del Frignano, non osò allora tentare un’invasione nel modenese; tanto più trattandosi di un fatto da lui prima disapprovato. E Francesco I d’Este il quale a norma dei patti della lega non era tenuto somministrare se non 2000 fanti e 300 cavalli, armò nondimeno 6000 de’ primi e 1200 dei secondi; e rimane ricordo delle requisizioni di cavalli che allora si fecero, e come si assegnasse a ciascuna provincia il numero d’uomini che fornir doveva, vuoi per la guerra, vuoi pe’ lavori di fortificazioni. Contribuì ai dispendi straordinari che allora occorsero Raimondo altresì, essendo andati nel Frignano a levar contribuzioni sulla provincia e sui feudatarii, il capitano Antonio Coccapani e il commissario Cavallerini.

Qui non istaremo a raccontare la correria che sul territorio pontificio fece a quel tempo il duca di Parma Odoardo Farnese; bastandoci accennare soltanto allo sdegno che contro il duca Francesco divampò allora alla corte pontificia, come si ha dalle lettere del conte Tiburzio Masdoni residente estense in Roma. Scriveva non osar più presentarsi a papa Urbano per non esporsi, com’ei diceva, a nuovi strapazzi; irritatissimo essendo il papa anche per questo, che la lega si dichiarava