Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/197

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incredibil ferocia di spirito dal S.r Duca di Modena, e con celerità cesariana eseguita, un piccolo esercito colto in mezzo da due truppe maggiori poté forzare l’opposizione dell’uno, scioglier l’assedio dell’altro, soccorrer il primo e lasciare in tutti i luoghi di que’ combattimenti ingombrata la campagna di cadaveri nemici, con tanta gloria di chi operò le prefate cose, che la fama ne sarà memorabile a tutti i secoli avvenire”. E segue poi dicendo, come da Nonantola partisse, a dir così, una scintilla ad infiammare i deboli spiriti della lega, che infatti si fece più salda e più concorde ad osare maggiori imprese, per quanto lo potesse la proverbiale prudenza de’ veneti consentire. In altra relazione leggesi, come il duca Francesco ringraziasse gli ufficiali e i soldati suoi che con tanto valore avevano combattuto per otto ore continue uno contro cinque, com’è detto anche nella lettera di Raimondo; ed assaliti da varie parti, non mai perdersi d’animo, né confonder gli ordini, né abbandonare i posti: che sono quasi le testuali parole di quella relazione, la quale si direbbe scritta dal Montecuccoli stesso. E vi troviamo ancora le lodi del duca Francesco I che, quantunque convalescente di patita infermità, valorosamente si diportò. Maggiore sarebbe stata la rovina dei nemici se avessero potuto nella disordinata lor fuga inseguirli gli estensi, e toglier loro anche le artiglierie che avevano lasciate pei campi, od almeno impedire ad essi di tornare a riprenderle; ma agli estensi era necessità l’assicurarsi che dalle truppe stanziate a Forturbano non fosse loro preclusa la via pel ritorno a Modena. Che molti fossero i pontificii rimasti o morti, o feriti, o prigionieri, concordemente lo asseriscono gli scrittori contemporanei. Vedemmo nella lettera del Montecuccoli indicati ottocento morti e duecento prigionieri; a lui s’accosta il Galluzzi, storico del granducato, che disse settecento i primi, trecento i secondi. Altri a minor numero determinò i morti, come il Priorato, che di questo fatto d’arme scriveva non esser mancato “se non un maggior teatro per farlo risapere alla pubblica fama come una delle maggiori prodezze di fortuna e di valor militare”. Si accordano poi col Montecuccoli tutti gli