Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/353

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Priorato, che poi li attribuì anche a Casimiro. Checché ne fosse, decise l’imperatore di mandare in soccorso della Polonia quelle truppe che sotto il comando dell’Hazfeld e del Montecuccoli s’erano venute radunando in Slesia. Dice il Nani che queste numerassero 10.000 uomini, più altri quattro o cinque mila di un corpo staccato agli ordini del general Souches; il qual computo non differisce guari da quelli degli storici moderni, che dissero essere stati gl’imperiali sedici o diciassette mila. E questi soldati, perché i recenti trattati avevano dichiarata perpetua la pace tra l’impero e la Svezia, con ridevole sostituzione di nomi furono detti non imperiali ma ungheresi . Non entrarono però quelle soldatesche se non nel successivo anno in Polonia, e forse a quel tempo il Montecuccoli era in Vienna, consultato probabilmente dall’imperatore Ferdinando circa l’impresa che meditava fare in Italia. Qui i francesi, guidati dall’esperto senno del duca di Modena, avevano posto assedio a Valenza sul Po, che quantunque ben presidiata dagli spagnoli, si prevedeva sarebbe venuta di corto in poter loro. Allora i ministri spagnoli si fecero a rappresentare all’imperatore, che legato egli con tanti vincoli alla corte di Madrid, tollerar non doveva che un principe ch’era vassallo suo, combattesse contro la Spagna. E così bene l’intento loro conseguirono, che pretestando l’imperatore, essere incorso per tal fatto il duca in delitto di fellonia verso l’impero, ordinò che un corpo di 10.000 alemanni, o di dodici mila secondo nelle Antichità italiane ed estensi scrisse il Muratori, scendesse in Italia, dove unitosi alle truppe di Spagna procederebbe contro di lui. Né questo bastò agli spagnoli, perché ci narra il Gazzotti, storico modenese, che proponevano si levasse lo stato al duca, e si desse o alla casa estense di San Martino, o al generale Montecuccoli, “benemerito, dicevano, dell’impero e nato suddito dello stesso duca; persuadendosi che da questa risoluzione diverrebbero essi più temuti e riveriti in Italia, i cui principi non avrebbero in avvenire osato intraprendere alcuna cosa contro di loro, quando