Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/455

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conte Gherardo Rangoni, morto sino dal 1659. Le cose giunsero al segno che il conte Sebastiano Montecuccoli, passando pel territorio di Spilamberto feudo de’ Rangoni, venne per mandato loro ucciso a tradimento: del qual fatto io vidi già una relazione manoscritta nell’archivio che fu dell’egregio marchese Gino Capponi in Firenze. Dalla corrispondenza di monsignor Uguccione Rangoni, agente del cardinal d’Este in Roma, ci vien chiarito, che Lotario fratello di lui, il quale ebbe precipua parte in que’ dissidii, era uomo di spiriti irrequieti, viveva in continua discordia or con l’uno or coll’altro della propria famiglia. Ma non erano men di lui proclivi a violenze, e Sebastiano e il suo fratello Felice, figli del maggiordomo marchese Francesco, che a suo luogo ci venne ricordato. Di questi si sa che, banditi una volta per mali diportamenti da Bologna, non vollero partire senz’essersi prima vendicati sui birri, uccidendo anche un uomo in odio alla giustizia, come si legge in una carta dell’archivio estense. Codesta inimicizia tra i Rangoni e i Montecuccoli da più anni durava implacabile, contenuta appena in certi limiti da severe prescrizioni del governo, con minaccia di confisca dei feudi. Ma vi furono insidie alla vita di qualcuno di loro, ed anche dello stesso monsignor Uguccione or nominato, che più mesi dovette tenersi nascosto fuori di Roma. Finalmente, nel maggio del 1666, rivolgeva Raimondo calde istanze al cardinale Rinaldo d’Este, acciò s’interponesse per la pace, avvertendo però che “sarebbe impraticabile ogni accordo che involvesse il minimo discapito nell’onore”. Consimili raccomandazioni rivolgeva egli al ministro Graziani, e perché a costui diceva: “La mia lunga absenza d’Italia e le varie mutazioni seguite costì mi fanno essere peregrino nella patria”; il ministro nell’annunziargli già fatta la pace tra le due famiglie, soggiungeva: “Non può dirsi V. E. peregrino in alcun paese, poiché tutto il mondo è patria degli eroi”. La lettera poi del cardinale, responsiva a quella di Raimondo, incominciava con queste parole, onorevoli per lui e pel parentado suo: “Diverse ragioni e motivi mi hanno portato a procurare l’aggiustamento tra la famiglia di V. E. e quella de’ Rangoni,