Pagina:Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia P2.pdf/42

Da Wikisource.
Camera dei Deputati — 34 — Senato della Repubblica


ix legislatura — disegni di legge e relazioni — documenti



questo del tutto anomalo, ma che non può non colpire significativamente perché è comunque un dato di fatto che Salvini pone termine anticipatamente al suo mandato presentando le dimissioni da Gran Maestro, con un gesto invero inusuale per un personaggio che si era dimostrato quanto mai restio a simili passi. Così ancora è nel 1979 che i Servizi segreti consegnano a Pecorelli!’informativa COMINFORM perché questi ne faccia uso: senza anticipare le conclusioni che su questo punto verranno tratte nel capitolo apposito, è questo un atto che non si può non interpretare come indubbio segno di incrinamento nel rapporto tra Gelli e questo apparato. Così ancora infine è nel 1979, secondo le testimonianze, che compare presente in Italia Francesco Pazienza, uomo legato ai servizi segreti in ambienti internazionali, di non ben certa origine; il Pazienza è elemento comunque sicuramente legato ai Servizi segreti italiani, ed in particolare al generale Santovito, e ricopre un ruolo che non si riesce ad interpretare chiaramente se si ponga in termini di vicarietà o successione, consensuale o meno, rispetto a Licio Gelli. In questa prospettiva il Commissario Crucianelli ha sottolineato l’autonomia acquisita dalla Loggia P2, come struttura obiettiva che ha messo in moto meccanismi che prescindevano anche dagli stessi protagonisti soggettivi: tale appunto Francesco Pazienza che vediamo subentrare a Gelli, quasi automaticamente, nei rapporti con Roberto Calvi e con il generale Santovito.

L’elemento connotativo di questa situazione, nella quale il potere del Venerabile sembra patire elementi di disturbo se non di cedimento, è certamente!’intervista che Licio Gelli rilascia al Corriere della Sera nel 1980, una iniziativa invero sorprendente per un uomo che si era sempre mosso nella riservatezza più assoluta e che in essa aveva trovato una delle armi più efficaci. L’intervista di Gelli, letta attraverso l’ostentata sicurezza delle dichiarazioni, sembra in realtà un messaggio che il capo della Loggia P2 invia all’esterno come all’interno dell’organizzazione; di quell’organizzazione che aveva cautelato con gli stratagemmi che abbiamo studiato nel precedente capitolo, è ora egli stesso a svelare l’esistenza ed i contenuti, quasi a voler avvertire che il riserbo di cui tutti si erano sino ad allora giovati poteva un giorno, in parte od in tutto, cadere ad opera del suo stesso artefice.

Il quadro di eventi che abbiamo disegnato fa da cornice alla perquisizione di Castiglion Fibocchi ordinata dai giudici di Milano, titolari dell’inchiesta su Michele Sindona, ai quali l’avviso della pista Gelli, inserito in un ampio contesto istruttorio testimoniai e e documentale, era stato fornito da un personaggio notoriamente legato al finanziere siciliano per il quale aveva gestito in Sicilia l’operazione di finto rapimento. Quale segno sia da attribuire a questa iniziativa nei confronti di Gelli non può essere chiarito, ma certo essa si iscrive nel complesso rapporto Gelli-Sindona, mostrando che la collaborazione tra i due si era seriamente incrinata: l’interrogatorio reso da Miceli Crimi, in data 26 febbraio, ai giudici milanesi, mostra, al termine di una lunga, ostinata reticenza, la chiara volontà di denunciare il Gelli.