Pagina:Ricciarelli - Su e giù sulla piazza di Pescia, Cipriani, Pescia, 1913.djvu/52

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gli occhi a quelli stemmi, osserverà fra le valute il nido del bofonchio. Salendo le scale che conducono al ballatoio, eccoci in mostra altri stemmi e sempre di bella forma. La sala dei pubblici dibattimenti è ornata di pitture blasonali, che noi chiamiamo arardica. L’arardica è il dizionario del blasone. La corona col tocco rosso internamente, non lo possono avere altri che la famiglia Reale. Il tocco è quel panno, come dicemmo, o stoffa rossa nell’interno della corona, come ne vediamo il modello sopra alla vendita delle privative. Mi vien da ridere a ripensare come qualche volta, vedendo le insegne blasonali, al solo scopo di spillare dai gonzi quelle 10 o 20 lire. Ricordo un tale che, sulla piazza di Pescia, aveva messo su un tavolo una quantità di armi blasonali, colorite su carta qualunque, attendendo il compratore, come se vendesse nastri o cappelli all’uso moderno, e, al primo avventore:

— Come vi chiamate?

— Chiavacci.. Scusi, e lei.

Trappola (?). Se dovessi dipingere la vostra arme, come la rappresenterete?

— Un trappolone.

— (E saresti in carattere). Dunque, Chiavacci, ve lo dipinse e lesse sotto la dicitura: La vostra famiglia erano conti fiorentini, e un vostro antenato militò in terra santa sotto... o sopra che fa lo stesso, le bandiere di Emilio Dandalo, Doge di Venezia.

— Quanto vi devo?

— Dieci lire, perchè siete voi.

I dipinti di quella sala, i blasoni dei Potestà, non risalgono aJ di là del 1600 e in alcuni dei quali ci si scorge una certa franchezza di mano e di pennello, dipinti a vivaci colori. Come se la virtù dei caminiotti