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Ond’al beàto angelico splendore
     Di quella fiammeggiante luce io corsi,
     Luce, ond’arde d’amor l’istesso Amore.


SONETTO CXLVII.


M
ille fiàte io frà me dico, e donde

E discesa costei? dal Ciel vien’ ella
     A sì vaga sembianza honesta, e bella;
     Ma come in se tanta fierezza asconde?
Se pietade è sù ’n Cielo, e chi le ’nfonde
     Nel cor tal crudeltà? chi si rubella
     La rende incontr’Amor? d’Amor la stella
     Pur in Ciel gli amorosi rài diffonde.
Ahi s’ella prende il mio dolor’ à scherno,
     Deh qual pietosa man sarà, che ’n parte
     Tempri à l’anima mia l’ardor’ interno?
Misero, perche sia ’l mio duolo eterno
     In lei (fera union) chiudon con arte
     Bellezza, e crudeltà Cielo, ed Inferno.


MADR. CIIII.


D
Onna se voi poteste

Veder il mio martir, sicome io veggio
     L’infinita beltà, che ’n voi risplende:
     Forse quando pietade humil vi chieggio,
     Che ’l vostro orgoglio al mio desir contende:
     Vi mostrereste pìa;
     Ma perche eterna la mia doglia sia
     Quanto più veggio la bellezza vostra
     Tanto meno il mio male à voi si mostra.


MAD. CV.


H
Or hai pur vota la faretra Amore,

Ed hai pur rotto l’arco
     Per tanto saettarmi:


Me-