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IL CARATTERE


DELLE LEGGI ECONOMICHE.


Fin dai tempi più antichi la parola «legge» ha avuto tre significati differenti. Da principio si riferiva soltanto a ciò che viene stabilito dall’uomo e poi al contrario si usò per indicare ciò che è indipendente dalla volontà dell’uomo. Così si parlava di leges duodecim tàbularum e nello stesso tempo di leges natura. E la contraddizione tra questi due significati trovava la spiegazione con l’intervento di un terzo significato intermedio, per il quale la legge si considerava come l’emanazione di un ente supremo, che dettava delle leges divina. Per gli stoici, infatti, natura e divinità erano la stessa cosa, onde lo leggi divine erano anche leggi di natura. E la concordanza tra naturale e divino continua anche nelle epoche successivo, finche nel secolo XVII, dando un concetto nuovo ad un’espressione vecchia, si comincia a parlare di leggi naturali, che agiscono automaticamente, che non sono sottomesse a variazioni e che si applicano alla fisica e alla matematica1. Nel procedimento storico, dunque, dalle leggi emanate dall’uomo si risale alle leggi emanate da Dio, e quando l’involucro teologico sparisce, le leggi divine divengono leggi naturali, a cui necessariamente è sottomesso l’intero universo, onde l’idea di legge scientifica non è che una derivazione dal significato di legge nel senso di misura legislativa, giacché osservando che un fatto si riproduce invariabilmente nelle stesse circostanze e accompagna in modo inevitabile certi altri fatti, compariamo subito questa concordanza ad un

  1. F. J. Neumann - Wirtschaftliche Gesetze nach früherer und jetziger Auffassung, nei Jahrbücher für Nationalökonomie. Jena, 1898, p. 3-4.