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284 rivista di cavalleria

Ma è cosa oltremodo difficile persuadere del contrario chi, avendo appresa una nozione falsa od inesatta, si è affezionato a questa e la reputa oramai proprietà inalienabile del suo bagaglio scientifico.

L’orzo — mi si opporrà da taluno — dato pure che possieda qualità nutritive ottime, presenta nondimeno il grave inconveniente di produrre la podoflemmatite, le indigestioni ed essere difficile a masticarsi.

Quanto alla podoflemmatite, o rifondimento che dir si voglia, l’accusa è vecchia, anzi decrepita, e tuttavia non ha acquistato ancora nessun diritto alla venerazione, come i ruderi ed i monumenti archeologici.

Discorriamone un poco.

Gli antichi osservarono che i cavalli ben nutriti, pletorici, andavan soggetti ad una speciale malattia dei piedi più frequentemente di quelli le cui condizioni generali erano meno vantaggiose o scadenti. E siccome ad essi non erano ignote le eccellenti qualità nutritive dell’orzo, principale alimento dei lora cavalli questo credettero causa della malattia.

La quale, anche oggi, è dai Francesi distinta con un nome (fourbure, e dicono fourbu il cavallo che n’è affetto) che rammenta l’antica etiologia; però che «forbeu crithiasis (orzo dei greci Apsirto e Jerocle) l’hordeatio dei latini corrisponde al rifondimento. Infatti, Vossio scrive: Hordeum prius fuit fordeum: da questa voce derivò il forbeu»1. Ed ecco l’origine di un vocabolo che da secoli si trae dietro una credenza che posa sopra una doppia base di vero e di falso.

Che un’alimentazione molto sostanziosa, capace di generare nel cavallo uno stato di pinguedine o di pletora, possa influire nello sviluppo della podoflemmatite, è cosa da non porre in

  1. Trattati di mascalcia attribuiti ad Ippocrate, tradotti dall’arabo in latino da Maestro Moisè da Palermo, volgarizzati nel secolo XIII e messi in luce da Pietro Delprato (con note filologiche di Luigi Barbieri), Bologna, 1865, pag. 15, in nota.