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508 rivista di cavalleria

plici di quelle attualmente in vigore e che l’intero sistema urterà contro scogli non facili a superarsi.

Per quanto riguarda le teorie potrei, esaminandole partitamente, far toccare con mano che non sono così facili e semplici come con tanta facilità e semplicità furono esposte dall’autore, il quale, per le sue qualità speciali, per gli studi fatti sopra tipi di cavalli differenti e per l’abilità nel ricavare dal cavallo ciò che vuole colla più semplice azione, ha finito per persuadersi che altri possa fare altrettanto alla sola lettura dei suoi consigli e suggerimenti.

Del resto lo stesso Caprilli mi dispensa dal voler più oltre dimostrare che le sue teorie non sono sempre facili perchè, giunto ad un certo punto del suo lavoro, ne è così persuaso egli stesso da sentire l’assoluto bisogno di dichiararlo.

Egli dice infatti a pagina 21: «Quello che sto per dire non può certo essere appreso dal soldato, ma lo deve però essere dall’istruttore», dichiarazione questa che non ha bisogno di schiarimenti a conferma di quanto ebbi a rilevare più sopra che, cioè, le ottime teorie Caprini saranno un’utilissima guida per ufficiali ed istruttori intelligenti ed appassionati.

Dico intelligenti, perchè il mettere in pratica le giustissime prescrizioni sul da farsi: prima, durante e dopo il salto, non è cosa che si possa pretendere neppure da tutti gli istruttori.

Guai se tutti coloro che si presentano al salto dovessero preoccuparsi di tutte le raffinatezze descritte a p. 25, col l’aggravante di dover portare il cavallo all’ostacolo ad un’andatura che l’allievo del sistema Caprilli non dovrebbe conoscere affatto perchè a pag. 24 dice «andatura cadenzata». Ora, le andature cadenzate non sono quelle naturali e per cadenzare bisogna pure che il cavaliere ed il cavallo abbiano appreso un pochino di quell’equitazione che si vuole abolire, distruggere o tenere in conto di dannosa.

Per quanto poi riguarda la truppa la mia non breve pratica di trentaquattro anni di servizio in cavalleria mi ha convinto che tranne i salti d’elevazione superiori al prescritto, quali si fanno in pubblici esperimenti da sott’ufficiali, cavalieri scelti o specialisti con cavalli provetti, è meglio che il soldato vada all’ostacolo, dirò così, incosciente, coll’intima convinzione, cioè, di dover fare niente altro che un tempo di galoppo un po’ più lungo ed elevato dell’ordinario.

E questa convinzione, oltre che essere giustificata dal fatto che in campagna il soldato non si accorgerà neppure di fare un salto per su-