Pagina:Rivista italiana di numismatica 1889.djvu/571

Da Wikisource.
544 andrea markl

Ma siccome il signor Lépaulle non ammette che questi punti siano segni di zecca, sono costretto a fare una digressione per confutarlo.

Secondo la sua opinione, questi punti non possono avere il significato di segni di zecca, «perchè prima di Costantino i segni di zecca non si mettevano mai fuorché sul rovescio»1.

Come prova, egli cita una moneta di Erennio Etrusco, della sua raccolta, che ha quattro punti sotto il busto, mentre ai tempi di quell’imperatore non vi era zecca né a Serdica né a Cizico.

Io non posso accontentarmi di questa prova, poiché, se anche Erennio non ha coniato in Serdica o in Cizico, — ciò che nessuno vorrà sostenere, — non rimane tuttavia per questo escluso che egli, oltreché in Roma, non abbia coniato in un’altra zecca, le cui monete, per distinguerle da quelle della zecca romana, venissero contrassegnate per mezzo di punti.

Vedremo tosto se questi punti, come sostiene in seguito il sig. Lépaulle, abbiano qualche altro significato a noi sconosciuto, come a lui pare «per la straordinaria rarità delle monete così segnate», o se non sia piuttosto rispondente al vero la nostra interpretazione, secondo la quale essi dovrebbero essere considerati come segni di zecca.

Il Gabinetto Numismatico del Museo Francisco-Carolino in Linz possiede un eerto numero di antoniniani, provenienti dalla Collezione già Kolb, i quali vanno da Etruscilla a Volusiano, e sono segnati, parte sotto l’effigie imperiale, parte nell’esergo del rovescio, con punti o cifre.

Questa serie, senza poter pretendere di essere completa, offre tuttavia materiale sufficiente per poterne dedurre con fondamento di ragione lo scopo dei segni ., .., ..., .... oppure IV, — VI, VII oppure erroneamente IIV, che si riscontrano su tali monete.

Senza dubbio ci deve essere stato anche il V; e siccome sarebbe stato difficile di afferrare prontamente una segnatura

  1. La sigla H sotto la testa di Diocleziano (Cohen, 2a ed., n. 94), e le sigle A, H sotto quella di Massimiano Erculeo (Cohen, 2a ed., n. 160, 170, 213),. pare che siano sfuggite al sig. Lépaulle.