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558 andrea markl

Bernhardt si fonda sulla notizia, attendibile in massima, di Zosimo1, e dice che già sotto Claudio il dominio di Zenobia si estendeva a tutto l’Oriente sino ad Ancira in Galazia.

Io vado più oltre, e conchiudo che Zenobia, dopo il primo colpo decisivo contro i Goti, cioè verso la fine del regno di Claudio, deve aver tentato di staccarsi da Roma, e deve essersi impadronita di Antiochia, dove ella e Vaballato coniarono moneta2.

So bene che questa è una mia opinione personale, ma tuttavia dimostrerò, per mezzo delle monete, che essa ha un certo fondamento, in ispecie se si tien calcolo della condotta equivoca già mostrata ripetutamente dalla famiglia di Odenato, come pure del fatto che Zenobia si ribellò veramente, più tardi, al tempo di Aureliano, — e che quindi vi deve essere, anche qui, una lacuna nella storia.

Vediamo adunque come si comportino le monete, di fronte alla mia opinione, ed in quale inesplicabile contraddizione si trovino colla storia.

Per quanto il sig. Lépaulle non voglia ammettere che le monete di Claudio di conio siriaco, colla segnatura da a ad h, siano state battute in Antiochia3, egli in ciò si trova in contraddizione non soltanto con me ma colla maggioranza dei numismatici. Senza dovermi riferire all’autorità di Rollin4, o alle osservazioni del Dott. Sallet sulla sorprendente rassomiglianza che v’è tra l’effigie d’una moneta di Claudio, del R. Gabinetto di Berlino, ed i denari di Vaballato con Aureliano5, basterà ch’io accenni alle caratteristiche comuni che

  1. Zos., I, 50.
  2. Non ha guari è venuto a mia cognizione un antoniniano di Zenobia, che sarà pubblicato fra breve dal suo possessore.
  3. Egli mi scrive: «Pour moi les pièces de a à h n’appartiennent ni à Antioche ni à Serdica. Je n’ai point de preuves à donner à l’appui de mon opinion, mais ne pouvant accepter celles qu’on me donne, je dois les classifier comme douteuses d’origine.»
  4. Catalogue d’une collection de médailles, etc., III partie. N. 6670-83, 88, 91, 99.
  5. Zeitschrift für Numismatik, Vol. III, pag. 405.