Pagina:Rivista italiana di numismatica 1892.djvu/181

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numi plumbei 169

che tali prove venissero ufficialmente gettate nel fiume, chi avrebbe avuto interesse a gettarvele?

Nè questa è la sola ragione per negare che fossero prove di zecca. Altra fortissima ne troviamo esaminando i piombi. Tra quelli da me raccolti ne posseggo uno riproducente il denaro di Giuba II battuto in Mauritania, e un altro riproducente un Medaglione asiatico di M. Antonio. Ambedue sono dati nella tavola.

Se qualcheduno vorrà ritenere battuto a Roma il denaro di Giuba II, il quale, pel tipo della moneta, potrebbe forse attribuirsi piuttosto alla zecca di Roma che non a una zecca africana, tale ragione non vale assolutamente pel Medaglione di M. Antonio: il quale, dato che fosse prova di zecca, come mai avrebbe potuto finire nel Tevere? Il viaggio sarebbe stato decisamente troppo lungo, e se pel commercio potevano venire a Roma le monete dell’Asia, non si vede proprio come ci potesse venire una prova di nessun valore. Certo non può essere esclusa la possibilità di un tale viaggio, perchè nelle vicissitudini umane tutto è possibile ciò che non urta coll’assurdo; ma, conveniamone, ciò non è affatto naturale, e dove si deve procedere per induzione, non è permesso ammettere simili casi straordinari ed eccezionali.


b) Come Tessere, è troppo ovvio che lo Stato non avrebbe mai permesso di fabbricarne coi conii delle monete correnti. Vi sono, e in numero grandissimo, piombi romani che devono aver avuto l’ufficio di tessere. Tali sono appunto quelli raccolti e descritti dai citati Ficoroni e Garrucci: ma questi sono di una fabbrica e di un tipo all’atto differente da quelli di cui ci occupiamo. Rotonde, quadrate o d’altre forme diverse portano lettere, parole, numeri, simboli o rappresentazioni che nulla hanno a che fare colle