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284 ettore gabrici

etiam pone verticem summiserit1. Niente di più possibile per un uomo come Nerone, fanatico di apparire avvenente, anche sapendo di diventare goffo e ridicolo.

Negli ultimi anni della repubblica e nei primi dell’impero si usò di portare i capelli nè lunghi nè corti, senza divisione e senz’alcun abbigliamento, semplici e col loro naturale ripiego in avanti, leggermente abbandonati sulla fronte. Così è ritratto Augusto in tutt’i busti e le statue che si conoscono, così Tiberio e gli altri della famiglia Giulia, come pure i loro contemporanei dei quali l’antichità ci ha tramandato i ritratti, così i Flavii sino agli Antonini, fatta eccezione di Nerone. Il giovane imperatore, corrotto e scioperato, aveva tutt’i difetti dei suoi coetanei compagni nelle capestrerie, dei quali parlano Ovidio e Quintiliano2. Varii busti di lui hanno i capelli ravviati con molta ricercatezza. L’arte monetale come fu fedele nel ritrarre le figure degli altri imperatori, andando di pari passo con l’arte plastica, così fu anche con Nerone. Se osserviamo infatti le teste e i busti che di lui si conservano, scorgeremo i capelli disegnati or in un modo or in un altro. E caratteristico quel sovrapporsi di riccioli dove più dove meno rilevati, da cui deriva quella chioma in gradus formatam, come la chiama Suetonio. Ma per quanto prezioso sia questo passo dell’antico biografo e richiami il nostro studio su questa parte della iconografia di Nerone, pure il riscontro nei monumenti ci fornisce qualche particolare che Suetonio in fin dei conti non poteva rilevare; egli fa il ritratto di Nerone come può farlo un biografo, e certe osservazioni che

  1. Nero, 51. Tacito (Hist. II, 9) dice in termini generali: Corpus insigne oculis comaque et torvitate vultus.
  2. Cfr. Ovid., Ars am. I, 507; III, 434. Quintil., Inst. orat. XII, 10, 47; I, 6, 44.