Pagina:Rosselli - Scritti politici e autobiografici, 1944.djvu/55

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aguzzino dei confinati, è certo verde di rabbia e gira per il paese mordendosi le mani. Lo abbiamo visto trionfante riaccompagnare in prigione cinque nostri sfortunati predecessori (Canepa, Magri, Domaschi, Michelagnoli, Spangaro) e poi commentare, fregandosi le mani: «Da Lipari non si scappa». Sì, signor «maresciallo», si scappa.

L’ultima isola, Alicudi, cono emergente sul vasto mare, ci accompagna per lungo tratto. Grandi pensieri si accavallano fantasticamente, mentre piccoli ad ogni poco si sovrappongono. Giuoco di luci e di ombre, vita cerebrale che dà le vertigini.

Triangolo di luci tricolori davanti a noi: sono i lumi di posizione di una nave mercantile italiana. Il nocchiero vuole perfezionare la beffa e passa a cinquanta metri. Utile beffa, ché il capitano dissuaderà più tardi i nostri inseguitori dal proseguire. Pare abbia detto: «Inutile insistiate. Vanno come diavoli».

Ascoltiamo la voce amica dei motori Hispano. La barca è bella, il mare continua a essere calmo.

Alba caliginosa su un’acqua smeraldina e palpitante.

Sorge il sole a tenerci compagnia. Lontano, a sinistra, appare Marittimo, ultimo branco di terra italiana. Dietro c’è la base navale. Vorremmo brindare ma ecco, laggiù, la sagoma di una nave da guerra. Allarme a bordo, dodici occhi «per fila sinistra», la rotta è spostata. Qualche minuto d’ansia, poi la nave lentamente scompare mentre ricompaiono le due


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