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precoce, compiuti i due lustri, lo mandarono a studiare a Napoli, persuasi di vederlo un giorno riuscire a qualche cosa di buono e trarne da lui aiuto.

Ben presto Bruno apprese i primi rudimenti nelle lettere de humanità, come egli si esprime, nella logica e nella dialettica.

Lo studio divenne subito la sua passione prediletta; vi si applicava con zelo indefesso e per meglio istruirsi amava accorrere alle pubbliche lezioni dei più reputati professori di Napoli.

Fra i quattordici o quindici anni, cioè nel 1562 o nel 1563, Giordano Bruno entrò come novizio nel convento di S. Domenico Maggiore in Napoli, ove un dì aveva vissuto e insegnato teologia, san Tommaso di Aquino.

Fu ricevuto e vestito del saio del domenicano dal priore Ambrosio Pasqua e da allora prese il nome di Giordano.

Quali fossero le ragioni vere che indussero Bruno a farsi frate, anche questo non ci è dato sapere.

Forse fu il desiderio di una vita tranquilla, colla quale poter darsi con più passione ai suoi studi favoriti. Forse qualche suo trascorso giovanile lo nauseò del mondo, invogliandolo a sfuggirne i pericoli. Forse pure ne lo decisero gli avvenimenti politici, la peste, la carestia, che in quel tempo fierissimamente travagliavano le provincie napoletane.

Comunque sia la cosa, dopo un anno di noviziato, venne ammesso alla professione, e più tardi, nel 1572, fu promosso agli ordini sacri ed al sacerdozio.

Spirito ardente, impetuoso, dotato di una irrequieta e fervida immaginazione, ben presto Giordano Bruno s’accorse di non esser destinato alle austerità del chiostro ed ai raccoglimenti della solitudine.