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Intanto le ire dei professori della vecchia università di Oxford, contro le rivoluzionarie teorie di Bruno, si fanno così palesemente ostili, che gli si proibisce di salir oltre la cattedra.

Non si scoraggia per questo l’ardito innovatore; se le porte dell’università gli sono chiuse, non gli è inibita per questo la parola. Ed in casa del Castelnuovo, di lord Sidney, un altro culto signore, che protesse ed amò Bruno, nei convegni, nelle società a cui ha accesso, non desiste un istante dal divulgare le sue teorie. Egli accoglie intorno a sè cavalieri, dottori, dame e quanto ha di fiore l’aristocrazia d’Inghilterra, e tutti incanta, commuove, scuote colla novità de’ suoi ideali, colla fantastica ricchezza del suo dire.

Con febbrile attività pubblica in breve tempo, a Londra, parecchie delle sue opere più notevoli.

Nel libro De la causa, principio et uno traccia con mano maestra le linee fondamentali della sua metafisica. Il poeta toglie spesso la mano al filosofo, e canta:

«Causa, principio et uno sempiterno
     Onde l’esser, la vita, il moto pende,
     E a lungo, a largo, a profondo si stende,
     Quanto si dice in ciel, terra et inferno.

» Con senso, con ragion, con mente scerno,
     Ch’atto, misura e conto non comprende
     Quel rigor, mole, numero, che tende
     Oltr’ogni inferior, mezzo, e superno.